Ottimi risultati per l’Università dell’Insubria nel XXV Rapporto Almalaurea 2023, il tradizionale appuntamento di giugno con l’analisi delle performance dei 77 atenei italiani che appartengono al consorzio diretto da Marina Timoteo e presieduto da Ivano Dionigi. I dati sono stati presentati il 12 giugno 2023 durante il convegno «Mobilità territoriale dei laureati: quale sostenibilità?» ospitato all’Università di Palermo, con il sostegno e la partecipazione del Ministero dell’Università e della ricerca.
Come sempre sono stati elaborati due dossier: uno sul profilo dei laureati e uno sulla condizione occupazionale a un anno e a cinque anni dal titolo, con dati che compongono un rapporto generale sull’andamento del mondo universitario e dati personalizzati sui singoli atenei. In tutto sono stati coinvolti circa 281mila laureati del 2022, per elaborare una fotografia che ne contenga le principali caratteristiche, e 670mila laureati per l’analisi dei risultati raggiunti nel mercato del lavoro. I dottori Insubria intervistati sono stati 2.179: 1.597 di primo livello, 377 magistrali biennali e 205 a ciclo unico.
Ancora una volta, l’ateneo di Varese e Como si distingue e migliora i già ottimi dati sulla condizione occupazionale dei suoi laureati. A un anno dal conseguimento del titolo, l’86% dei dottori triennali non iscritti a un corso di secondo livello ha un lavoro: un netto miglioramento rispetto al 79,7% del rapporto 2022, con un distacco sempre più significativo sulla media nazionale del 75,4%, e anche alla media lombarda che è del 81,4%, e con una retribuzione di 1.416 euro mensili, maggiore della media italiana di 1.332 euro.
Resta molto elevato il tasso di occupazione dei laureati magistrali: a un anno dal titolo è dell’84,3%, con uno stacco netto sulla media nazionale del 77,1% e una retribuzione di 1.473 euro; a cinque anni dal titolo è del 92,3%.
Il commento del magnifico rettore dell’Università dell’Insubria Angelo Tagliabue: «L’Università degli Studi dell’Insubria fa dell’attenzione agli studenti uno dei suoi punti di forza. I dati Almalaurea confermano come questa sia la scelta giusta: i nostri studenti si laureano in corso e sono soddisfatti di un’esperienza formativa durante la quale hanno sviluppato le competenze giuste per entrare nel mondo del lavoro. In particolare, le percentuali in crescita degli studenti che compiono un’esperienza all’estero (superiori alla media nazionale) sottolineano lo sforzo che l’ateneo ha messo in campo in termini di internazionalizzazione incrementando le convenzioni con le università estere e supportando i nostri studenti in un percorso che rappresenterà un ottimo biglietto da visita per il loro futuro».
Spiega Michela Prest, delegata alla Comunicazione e Orientamento: «Il report di Almalaurea presenta ancora una volta un quadro molto positivo per i laureati Insubria sia in termini di durata degli studi che di ingresso nel mondo del lavoro. Da delegata all’orientamento, vorrei sottolineare la percentuale di laureati provenienti da istituti tecnici, superiore alla media nazionale, indicazione della capacità dell’ateneo di comunicare alle scuole di ogni ordine l’importanza della formazione terziaria sia in termini di crescita personale che di migliori opportunità in ambito lavorativo».
Ma chi sono i laureati Insubria, fotografati nel dossier dedicato all’analisi del profilo?
Scorrendo i dati, si evince che il 3,5% è di cittadinanza estera, il 6,5% proviene da fuori regione, il 57,5% ha un diploma di tipo liceale, il 35,4% un diploma tecnico.
L’età media alla laurea è 24,8 anni, il 72,1% termina l’università in corso e il voto medio di laurea è 102,8 su 110. Il 55,5% dei laureati ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi, il 9,5% ha compiuto un’esperienza Erasmus, il 69, 8% ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi.
Infine, l’opinione dei laureati. Il 90,5% è soddisfatto del rapporto con il corpo docente e l’87,6% ritiene il carico di studio adeguato alla durata del corso, l’84,6% (l’anno scorso 81,2%) considera le aule adeguate, il 92,2% giudica positiva l’esperienza universitaria nel suo complesso.
Il Rapporto di AlmaLaurea sul profilo dei laureati ha analizzato le performance formative di oltre 281mila laureati del 2022 di 77 università. In particolare, si tratta di 155 mila laureati di primo livello, 94 mila dei percorsi magistrali biennali e 32 mila a ciclo unico.
Il Rapporto di AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei laureati ha analizzato circa 670mila laureati di 78 università, di primo e secondo livello del 2021, 2019 e 2017 contattati, rispettivamente, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.
I laureati nel 2022 dell'Università dell'Insubria coinvolti nel XXV Rapporto sul profilo dei laureati sono 2.179. Si tratta di 1.597 di primo livello, 377 magistrali biennali e 205 a ciclo unico.
La quota di laureati di cittadinanza estera è complessivamente pari al 3,5%: il 3,0% tra i triennali e il 6,1% tra i magistrali biennali.
Il 6,5% dei laureati proviene da fuori regione; in particolare è il 6,4% tra i triennali e il 7,2% tra i magistrali biennali.
È in possesso di un diploma di tipo liceale (classico, scientifico, linguistico, …) il 57,5% dei laureati: è il 52,7% per il primo livello e il 61,5% per i magistrali biennali. Possiede un diploma tecnico il 35,4% dei laureati: è il 40,1% per il primo livello e il 30,0% per i magistrali biennali. Residuale la quota dei laureati con diploma professionale.
L’età media alla laurea è 24,8 anni per il complesso dei laureati, nello specifico di 24,1 anni per i laureati di primo livello e di 26,8 anni per i magistrali biennali. Un dato su cui incide il ritardo nell’iscrizione al percorso universitario: non tutti i diplomati, infatti, si immatricolano subito dopo aver ottenuto il titolo di scuola secondaria superiore.
Il 72,1% dei laureati termina l’università in corso: in particolare è il 70,1% tra i triennali e l’85,7% tra i magistrali biennali.
Il voto medio di laurea è 102,8 su 110: 100,8 per i laureati di primo livello e 108,9 per i magistrali biennali.
Il 55,5% dei laureati ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi: è il 55,9% tra i laureati di primo livello e il 49,4% tra i magistrali biennali (valore, quest’ultimo, che cresce al 69,4% considerando anche coloro che l’hanno svolto solo nel triennio).
Ha compiuto un’esperienza di studio all’estero riconosciuta dal corso di laurea (Erasmus in primo luogo) il 9,5% dei laureati: il 7,8% per i triennali e il 15,7% per magistrali biennali (quota, quest’ultima, che sale al 20,8% considerando anche coloro che le hanno compiute solo nel triennio).
Il 69,8% dei laureati ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi universitari: è il 71,9% tra i laureati di primo livello e il 69,1% tra i magistrali biennali.
Per analizzare la soddisfazione per l’esperienza universitaria appena conclusa si è scelto di prendere in considerazione l’opinione espressa dal complesso dei laureati in merito ad alcuni aspetti.
Il 90,5% dei laureati è soddisfatto del rapporto con il corpo docente e l’87,6% ritiene il carico di studio adeguato alla durata del corso. In merito alle infrastrutture messe a disposizione dall’Ateneo, l’84,6% dei laureati che le ha utilizzate considera le aule adeguate. Più in generale, il 92,2% dei laureati si
dichiara soddisfatto dell’esperienza universitaria nel suo complesso.
E quanti si iscriverebbero di nuovo all’Università? Il 70,5% dei laureati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e lo stesso Ateneo, mentre il 5,4% si riscriverebbe allo stesso Ateneo, ma cambiando corso.
L’Indagine sulla condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 3.060 laureati dell'Università dell'Insubria. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2021 e intervistati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2017 e intervistati dopo cinque anni.
L’Indagine ha coinvolto 1.563 laureati triennali del 2021 contattati dopo un anno dal titolo (nel 2022).
Il 49,3% dei laureati di primo livello, dopo il conseguimento del titolo, decide di proseguire il percorso formativo con un corso di secondo livello (marginale la quota di chi si iscrive ad un corso triennale).
Dopo un anno, il 48,5% risulta ancora iscritto all’università. Per un’analisi più puntuale, pertanto, vengono di seguito fotografate le performance occupazionali dei laureati di primo livello che, dopo l’ottenimento del titolo, hanno scelto di non proseguire gli studi universitari e di immettersi direttamente nel mercato del lavoro.
Isolando quindi i laureati triennali dell'Università dell'Insubria che, dopo il titolo, non si sono mai iscritti a un corso di laurea (49,7%), è possibile indagare le loro performance occupazionali a un anno dal titolo.
A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione (si considerano occupati tutti coloro che sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) è dell’86,0%, mentre quello di disoccupazione (calcolato sulle forze di lavoro, cioè su coloro che sono già inseriti o intenzionati a
inserirsi nel mercato del lavoro) è pari al 7,1%.
Tra gli occupati, il 19,2% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 23,1% ha invece cambiato lavoro; il 57,7% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Il 35,5% degli occupati può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, mentre il 25,8% su un contratto alle dipendenze a tempo determinato. Il 12,0% svolge un’attività in proprio (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, ecc.). Il lavoro part-time coinvolge il 17,5% degli occupati. La retribuzione è in media di 1.416 euro mensili netti.
Ma quanti fanno quello per cui hanno studiato? Si è presa in esame l’efficacia del titolo, che combina la richiesta della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze apprese all’università. Il 58,0% degli occupati considera il titolo molto efficace o efficace per il lavoro svolto. Più nel dettaglio, il 51,5% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università.
I laureati di secondo livello del 2021 contattati dopo un anno dal titolo sono 536 (di cui 307 magistrali biennali e 229 magistrali a ciclo unico), quelli del 2017 contattati a cinque anni sono 469 (di cui 180 magistrali biennali e 289 magistrali a ciclo unico).
Tra i laureati di secondo livello del 2021 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione (si considerano occupati quanti sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) è pari all’84,3% (84,6% tra i magistrali biennali e 83,9% tra i magistrali a ciclo unico).
Il tasso di disoccupazione, calcolato sulle forze di lavoro, è pari al 6,5% (8,6% tra i magistrali biennali e 3,7% tra i magistrali a ciclo unico). Il 13,3% prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 14,3% ha invece cambiato lavoro; il 72,3% ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Tra i laureati magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 18,8%, 18,2% e 62,9%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 6,2%, 9,2% e 84,6%.
Il 20,0% degli occupati può contare su un contratto alle dipendenze a tempo indeterminato mentre il 14,7% su un contratto alle dipendenze a tempo determinato. L’11,0% svolge un’attività in proprio (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, ecc.). Tra i magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 31,2%, 21,2% e 3,5%; tra i magistrali a ciclo unico sono pari a 5,4%, 6,2% e 20,8%.
Il lavoro part-time coinvolge il 9,3% degli occupati (3,5% tra i magistrali biennali e 16,9% tra i magistrali a ciclo unico).
La retribuzione è in media di 1.473 euro mensili netti (1.415 euro per i magistrali biennali e 1.549 euro per i magistrali a ciclo unico).
Il 77,3% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo (il 65,7% tra i magistrali biennali e il 92,2% tra i magistrali a ciclo unico); inoltre, il 69,0% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite durante il percorso di studi (56,5% tra i magistrali biennali e 85,4% tra i magistrali a ciclo unico).
Il tasso di occupazione dei laureati di secondo livello del 2017, intervistati a cinque anni dal conseguimento del titolo, è pari al 92,3% (93,8% per i magistrali biennali e 91,1% per i magistrali a ciclo unico). Il tasso di disoccupazione è pari al 3,1% (2,8% per i magistrali biennali e 3,4% per i magistrali a ciclo unico).
Gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il 46,0%, mentre gli occupati con un contratto a tempo determinato sono l’8,4%. Svolge un’attività in proprio il 20,0%. Tra i magistrali biennali tali percentuali sono, rispettivamente, pari a 67,9%, 13,2% e 8,5%; tra i magistrali a ciclo unico
sono pari a 29,9%, 4,9% e 28,5%.
Il lavoro part-time coinvolge il 4,4% degli occupati (1,9% tra i magistrali biennali e 6,3% tra i magistrali a ciclo unico). Le retribuzioni arrivano in media a 1.914 euro mensili netti (1.871 per i magistrali biennali e 1.945 per i magistrali a ciclo unico). Il 79,4% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto (è il 68,6% tra i magistrali biennali e l’87,4% tra i magistrali a ciclo unico); il 71,2% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università (59,4% tra i magistrali biennali e 79,9% tra i magistrali a ciclo unico).
Ma dove vanno a lavorare? Il 63,2% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 36,4% nel pubblico; lo 0,4% lavora nel non-profit. L’ambito dei servizi assorbe l’88,0%, mentre l’industria accoglie l’11,6% degli occupati, nulla la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.