I testi scritti e recitati da Ferdinando, Martina, Giulio e Ramesha per la festa dei 25 anni

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Gli studenti del CUT
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Venerdì 23 giugno nel Chiostro di Sant’Abbondio, a Como, l’Università dell’Insubria ha festeggiato i suoi 25 anni con una cerimonia semplice e sentita in aula magna, dove gli interventi istituzionali si sono avvicendati con musica e teatro. Emozionanti i quattro interventi scritti e recitati dagli studenti del Cut Insubria, il centro universitario teatrale: Ferdinando Costantino, Martina Rizzarello e Ramesha Perera e il regista Giulio Bellotto hanno messo il cuore nei loro testi, raccontando i propri anni e quelli dell’Insubria ed evidenziando il senso di appartenenza che l’ateneo esercita sulla comunità studentesca.

Di seguito i loro interventi.

 

FERDINANDO COSTANTINO

La mia Università ha 25 anni. 

25 anni. Una bella età, esattamente un quarto di secolo. Un traguardo al quale io arriverò solo tra qualche mese.

Sarà un gran giorno, quello dei miei 25 anni; sarà di certo una bella mattina di sole e quando la luce inizierà a filtrare dalla finestra, mi alzerò, di buon ora, e abbandonato il letto dei 24, mi guarderò allo specchio.

Mi dirò: “Bene, fin qui sono arrivato, ora vediamo cosa mi attende oltre questo specchio. Ci sono tante vie che potrei imboccare, tante strade. Alcune antiche di secoli; altre di secoli ne hanno appena un quarto. Tutte però sono da scoprire, per me, all’alba dei 25 anni.

Già, quali nuove scoperte farò d’ora in poi? Quali esperienze si trasformeranno in ricordi? Quali si riveleranno errori da cui imparare? Quante lezioni ancora lastricano il cammino che ho da percorrere?”

Se mi guardo indietro, vedo che a pavimentare la strada della mia formazione c’è tra gli altri un bel pietrone di granito, levigato dai passi di chi mi ha preceduto, che è infisso saldamente nel terreno sotto ai miei piedi. Lo sto calpestando proprio in questo momento. Hop!

È un posto comodo, all’ombra di un grande albero d’alloro le cui foglie profumate mi incorniciano la testa come una corona. (Non mi sono ancora laureato, spero sia un buon presagio!)

Da qui si guarda il mondo come da un osservatorio le stelle, come da una collina la valle; e solo poco fa ho notato che sul bordo di questo pietrone è incisa una scritta, che dice: “Stai pure qui. Fermati ancora un attimo. Ne hai tutto il diritto”. Che bella lezione questa!

E così eccomi, davanti a voi in rappresentanza della comunità studentesca, di tutti questi miei compagni di transito nel crocevia della conoscenza. Qualcuno avanza veloce, macinando esperienze di esami procedendo in linea retta; qualcun altro ogni tanto si siede sul ciglio della strada e si riposa; altri si guardano intorno cercando la loro corsia, o un sentiero che faccia veramente per loro.

È una strada lastricata di scoperte, come quelle grandi, che si realizzano nei laboratori dell’Ateneo e anche quelle altre piccole e private non sono da meno.

Io per esempio ho scoperto che questo pietrone, proprio questo su cui sto in piedi adesso, non è solo un pezzo della strada. E’ anche… un palcoscenico. Hop!

In fondo, parafrasando un maestro, tutto il mondo è un palcoscenico e gli studenti e le studentesse sono anche attori. Hanno le loro uscite come le loro entrate, e nel percorso accademico ognuno recita molte parti: c’è lo scolaro, piagnucoloso, la sua brava cartella, la faccia rilucente nel mattino, che assai malvolentieri striscia verso la scuola a passo di lumaca. Non sono tanti così, eh! E non lo sono a lungo, perché poi basta capire che luogo è davvero l’università, un’università giovane come noi, un posto per cambiare età. Si diventa come l’innamorato, che ti sospira come una fornace, e in tasca una ballata tutta lacrime sopra le ciglia della sua adorata. 

Guardatevi intorno. Di un’università giovane e bella ci si innamora. E per i suoi 25 anni le abbiamo voluto fare un bel regalo: una compagnia teatrale d’Ateneo per celebrare tutti i suoi traguardi!

Quando compirò anche io 25 anni, prima di lasciare il mio riflesso nello specchio in cui mi osservo cresciuto, per andare a lezione e crescere ancora, voglio fare una festa come questa!

Una festa di classe, con un trio d’archi (indica i musicisti) e un buffet… Non come quello che ci aspetta stasera però. Senza platea e senza schermo, senza tutti voi purtroppo - ma se vorrete venire, sarete i benvenuti! Io avrò in mano un bicchiere e farò un discorso. Uno come questo, che racconti di quanto amiamo la nostra università. E davanti a me avrò i miei compagni di corso; saremo seduti laggiù sulle panchine di pietra, qui in Sant’Abbondio. 

Le stesse panchine che ci accolgono tra una lezione e l’altra, dopo un esame, per tirar fiato a guardarci intorno per scegliere la nostra strada con più consapevolezza. E sono sicuro che anche quel giorno gli applausi saranno fragorosi come i vostri; perché la nostra università sa sempre come accompagnarci nel progredire della nostra età. La mia università ha 25 anni, come me.

 

MARTINA RIZZARELLO

La mia università è il mio lavoro. Ma io ho anche un altro lavoro. Quindi: la mia università e il mio lavoro. Due tra le cose che amo.

All’università mi sono iscritta tre anni fa. E da allora molto è cambiato nella mia vita.

La prima volta che sono entrata qui in Sant’Abbondio non sapevo bene cosa mi attendeva. Era il mattino della mia prima lezione universitaria.

C’è nel mattino – sarà
per quella luce – una sottile ebbrezza
sarà per la bellezza
degli inizi – quella promessa
che sempre si nasconde
quando s’avvia un nuovo
qualche cosa.
Sarà il bello
di cominciare
con tutta l’energia rappresa
ancora intatta in gocce
tutta sospesa sopra il fare nostro.

(Mariangela Gualtieri, da Quando non morivo, Einaudi, 2019 DIRITTI?)

Da allora, nuove conoscenze e inedito scoprire nozioni nascoste nelle pieghe del mio studiare, metodi per crescere e per vivere consapevole l’esistenza che mi si srotola di fronte.

La mia Università ha 25 anni, come me. Il nostro futuro si farà insieme, ancora per un po’.

Il mio, di studentessa e lavoratrice, che vive da sola da appena un mese, che è una giovane adulta affacciata da questo palco, da questo Ateneo, alla finestra della vita.

Il suo, di istituzione inclusiva e accogliente, di casa, di azienda attenta a chi la abita, di rifugio e di partenza. Che è vissuta da mille, che insegna a diecimila, che parla molte lingue e comunica con tutti.

La mia università, il mio lavoro, è la mia passione.

 

GIULIO BELLOTTO

Ricordo i miei 25 anni. Sono trascorsi da un po’. Non da tanto, ma nell’economia della mia vita, sono un po’ più indietro. L’università però, è rimasta.

E’ una nuova università, per me che ne ho già un’altra alle spalle. Questa è un’università che è davvero nuova.

Ha due e più sedi, come me: una per essere attore, una per le tournée o per frequentare le lezioni e per riposarmi e studiare. 

Ha i 25 anni che io ho già avuto; a quell’età, mi sono lanciato in esperimenti ambiziosi. E in realtà, tutti noi continuiamo a farlo: così in questo 25ennale inauguriamo insieme alla nostra Università una compagnia teatrale che rappresenta l’Ateneo.

Una compagnia teatrale vera, con attori giovani ed entusiasti; drammaturghi e scrittori appassionati; poeti in erba e scienziati della parola. Attori studenti, attori che leggono e studiano e fanno proprie le parole di un pensatore libero: “Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”.

Nando, Ramesha, Martina. Che nessuno dica bene della nostra età, o di quella della nostra Università. Perché lo vogliamo dire da soli; lo vogliamo dire sul palco. Che bella, l’età dello studio!

25 anni, come noi, appena prima o appena dopo, 25 anni di Uninsubria. L’età della ricerca.

Di se stessi e di noi tutti. Ricerca scientifica e ricerca artistica. Perché in un Ateneo come il nostro non ci sono margini ma tanti centri, non ci sono confini netti ma dialoghi aperti.

Tutti noi abbiamo una parte importante in questa pièce che dura da 25 anni ma che è ancora tutta da scrivere. E ancora tutta da mettere in scena. Sipario!

 

RAMESHA PERERA

25 anni, io li ho compiuti l'anno scorso. Sono appena leggermente più vecchia della nostra università. Quando nel 1998 nasceva l’Universitas Studiorium Insubriae, io mi trovavo dall’altra parte del mondo. Sono nata in Sri Lanka e lì ho vissuto fino ai 3 anni, poi ho fatto l’asilo in Germania, 13 anni di scuole a Napoli e per l’università ho deciso di venire qui. Sono al sesto anno di medicina e da 6 anni l’Insubria è la mia seconda casa, quindi posso dire di conoscerla bene. 

L’università è un trampolino verso il futuro. Purtroppo spesso si dà per scontato la possibilità di ricevere una buona istruzione, ma io che ho sempre vissuto tra due mondi, Italia e Sri Lanka, ho visto gli studenti siano obbligati a fare chilometri e chilometri a piedi pur di seguire una lezione spesso tenute da un insegnante improvvisato. Ci sono luoghi del mondo dove gli universitari trascorrono più tempo per strada a protestare per vedere riconosciuti i loro diritti che sui banchi a studiare e trascorrono il resto del tempo a difendersi da una violenza strisciante. Molte ragazze decidono di non frequentare l’università per paura di ritorsioni e molestie.

In Sri Lanka ci sono tante bellissime tradizioni - e purtroppo c’è anche questa: i ragazzi dei primi anni devono superare una serie di test, di sfide, e tante volte in passato queste sfide hanno portato alla morte di molti ragazzi.

Il clima di condivisione che si respira in questo chiostro è prezioso ma non è scontato, in un’istituzione come la nostra università in cui ragazzi degli anni successivi aiutano le matricole. Soprattutto in una facoltà come la mia, aiutarsi a vicenda è fondamentale, ed è un dono grande quasi quanto la conoscenza che viene impartita tra queste pareti.

C’è una parte del libro il Piccolo Principe che dice:

“I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: «Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Ma vi domandano: «Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Allora soltanto credono di conoscerlo.” 

Ringrazio l’Insubria per non avermi resa “un grande che ama le cifre”, grazie per avermi insegnato ad apprezzare questo viaggio, senza essere accecata dalla sete della competizione, senza chiudersi in casa per mesi per dare un esame, per prendere un votone.

Allora grazie Insubria per avermi dato tutti quei momenti indimenticabili, la pausa pranzo coi giochi da tavolo, i picnic sul prato, le partite di beach volley, le serate spensierate alle feste del CUS ma soprattutto grazie per avermi dato la possibilità di riprendere la mia passione: il teatro. Ho scoperto la compagnia d’Ateneo, il Centro Universitario Teatrale, neanche un anno fa e già abbiamo fatto 2 spettacoli, mi sono divertita e ho conosciuto delle persone stupende. Quasi mi rattristo a pensare di dovermene andare da questa università - prima o poi, per carità sarei felice di laurearmi e realizzare il mio sogno di diventare medico - ma penso anche a tutto quello a cui rinuncerò.

Di strada ne ho fatta, di posti ne ho visti, ho fatto più di 15 traslochi nel corso della mia vita, di persone ne ho conosciute, ma le migliori le ho trovate qui, tra voi, ed ecco perché sono grata alla mia università, mi ha dato le amicizie più belle, i legami più profondi, quelli che mi hanno segnata e continuano a insegnarmi qualcosa, quelli che resteranno per sempre. Ecco perché l’Insubria resterà nel mio cuore, grazie per aver dato colore alla mia vita.

Data ultimo aggiornamento: 30 Giugno 2023