
Il cold case portato agli onori della cronaca dall’Università dell’Insubria sta facendo il giro del mondo. Ad oggi sono stati pubblicati cento articoli sul caso di morte violenta, in epoca medievale, di un giovane sepolto nel cimitero di San Biagio a Cittiglio, in provincia di Varese: lo hanno proposto le principali testate nazionali ed internazionali, in tutta Europa, in America, in India, in Giappone.
La notizia era uscita lo scorso ottobre sull’importante rivista scientifica internazionale «Journal of Archaeological Science: Reports», firmata dal team di antropologi dell’Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita, Chiara Tesi, Marta Licata, Roberta Fusco, Chiara Rossetti, Ilaria Gorini e Paola Badino, con Jacopo Crezzini e Stefano Ricci dell’Università di Siena.
L’individuo oggetto dello studio, un giovane maschio adulto di circa 20 anni, era sepolto nella Tomba numero 13 nell’atrio funerario interno alla chiesa, sepoltura datata tra l’XI e il XIV secolo.
Lo scheletro ha rivelato la presenza di quattro lesioni al cranio, compatibili con ferite inferte intenzionalmente e con particolare violenza. Il cranio del soggetto è stato quindi studiato con le più moderne tecnologie in uso nelle indagini medico-legali, ma anche nelle analisi dei segni di macellazione sulle ossa di interesse archeozoologico provenienti da siti di epoca preistorica.
Dallo studio è emerso che il soggetto era stato ripetutamente colpito al cranio con un’affilata arma da taglio, compatibile nella forma con una spada lunga dell’epoca.
La dinamica ricostruita da Chiara Tesi: «Probabilmente colto di sorpresa e privo di una efficace protezione al cranio, il giovane era stato colpito una prima volta con un colpo andato “a vuoto” che gli ha lasciato una lieve ferita “di striscio” nella parte superiore del cranio; successivamente, forse tentando una fuga dal suo assalitore, la vittima aveva voltato le spalle venendo colpito in rapida successione con altri due colpi che hanno provocato l’asportazione di due “fette” di tavolato cranico dalla porzione temporale destra (causando anche l’asportazione del padiglione auricolare) e nucale inferiore. Infine, forse ridotto allo stremo e ormai a terra in posizione prona, il soggetto veniva terminato dall’assalitore con un colpo perpendicolare al cranio vibrato con violenza nella nuca che ha provocato la morte immediata. Questo tipo di aggressione mortale, caratterizzata da una forma di violenza finalizzata al rapido annientamento della vittima, ci lascia increduli e ci fa ipotizzare una premeditazione, non certamente il risultato di un semplice movente».