
A partire da novembre prende il via «Aware – Assessing plastic as a neW component of Aquatic ecosystems in the anthRopocenE», un progetto di ricerca da 1,3 milioni di euro finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del programma Fondo Italiano per la Scienza 2022–23. Coordinatore è Gilberto Binda, professore a contratto all’Insubria e ricercatore al Norwegian Institute for Water Research di Oslo e, che grazie a questo finanziamento rientra stabilmente in Italia al Dipartimento di Scienze teoriche e applicate dell’Università dell'Insubria.
Se negli ultimi anni l’attenzione pubblica si è concentrata sull’inquinamento da plastica nei mari e negli oceani, molto meno si sa degli effetti che questo materiale produce nei laghi e nei fiumi. Qui la plastica non si limita a inquinare in senso diretto: una volta immersa, diventa rapidamente il substrato per comunità microbiche che formano biofilm. Questi aggregati viventi possono rilasciare o accumulare sostanze chimiche, alterare la disponibilità di nutrienti e competere con gli organismi naturali, modificando processi fondamentali come i cicli biogeochimici e gli scambi energetici tra acqua e sedimenti.
Gli studi finora disponibili mostrano che nei fondali lacustri, dove la plastica tende ad accumularsi nel tempo, si osservano già segni di alterazione del funzionamento naturale degli ecosistemi. Da qui la necessità di approfondire in modo sistematico e innovativo il ruolo della plastica come nuovo costituente abiotico negli ambienti d’acqua dolce.
Il progetto Aware nasce per valutare in che modo la plastica e i biofilm che si sviluppano sulla sua superficie incidano sulle proprietà chimico-fisiche dei sedimenti e, di conseguenza, sui flussi di nutrienti, energia e organismi tra acqua e fondale. Si tratta di una prospettiva di ricerca inedita, che consentirà di rivedere le conoscenze classiche di biogeochimica ed ecologia acquatica alla luce della presenza pervasiva della plastica.

«Con Aware vogliamo capire come la plastica non sia soltanto un rifiuto visibile, ma un elemento capace di cambiare i meccanismi di base che regolano la vita nei laghi e nei fiumi - spiega Gilberto Binda -. Questa ricerca rappresenta un’opportunità per il nostro Ateneo, peraltro localizzato in un contesto perfetto per lo studio di laghi e fiumi, di dare un contributo importante alla scienza internazionale e, al tempo stesso, alla tutela della biodiversità e dei servizi ecosistemici da cui dipendiamo».
I risultati attesi forniranno strumenti cruciali per prevedere e mitigare gli effetti dell’inquinamento da plastica, con possibili applicazioni nella gestione e nella salvaguardia degli ecosistemi. L’Insubria rafforza così la propria vocazione internazionale, ospitando un progetto di frontiera che si inserisce in una delle principali sfide ambientali del nostro tempo.