
Si è tenuto martedì 25 giugno il confronto all’americana che ha visto protagonisti il candidato rettore Mauro Ferrari e la candidata rettrice Maria Pierro, con i rispettivi prorettori Michela Prest e Umberto Piarulli, per il sessennio 2024-2030.
Moderato dal giornalista Antonio Franzi, il confronto si è svolto nell’aula magna di via Valleggio a Como e ha visto la partecipazione di circa 400 persone fra i presenti in aula e quelli in collegamento streaming.
Sono state poste sette domande ai candidati alla carica di rettore e tre ai prorettori, nonché tre quesiti finali in forma anonima estratti da un’urna preposta. Proponiamo di seguito le domande e risposte.
1. Iniziamo dal suo progetto di università: ce lo descrive in due minuti?
MARIA PIERRO: Desideriamo un ateneo attrattivo e competitivo per la ricerca e per la didattica, mettendo a beneficio della collettività le nostre conoscenze e i nostri valori: trasparenza, inclusione e coraggio di cambiare, mantenendo gli impegni assunti con i docenti, gli studenti ed il personale tecnico e amministrativo.
Per realizzare questi obiettivi è necessario intervenire sulle strutture edilizie, adeguandole alle effettive richieste della comunità accademica; fornire la strumentazione adeguata alla ricerca sperimentale, teorica e umanistica, potenziando l’accesso al patrimonio bibliotecario; reclutare personale docente, tecnico e amministrativo, funzionale alla crescita strategica del nostro ateneo; continuare a garantire una didattica di qualità integrando le modalità di erogazione tradizionali con la didattica on line; favorire l'internazionalizzazione per la ricerca e la didattica; consolidare i rapporti con gli enti locali, le imprese e aziende ospedaliere, le associazioni e ordini territoriali, ma anche con la Regione, il Ministero e Anvur, ossia rapporti imprescindibili per il successo e l’affermazione dell’ateneo; rispettare gli impegni indicati nel programma e assunti con i docenti, gli studenti e il personale tecnico amministrativo e bibliotecario. Desideriamo, infine, una comunità riconciliata nella quale tutte le donne e gli uomini sappiano riconoscersi.
MAURO FERRARI: Per prima cosa, al centro del nostro progetto c’è il dialogo. L’Università è una comunità complessa. Studenti, personale tecnico e amministrativo, professori e ricercatori hanno ruoli, competenze e doveri diversi, hanno problemi diversi e ambizioni diverse. Per far crescere una comunità così complessa bisogna garantire un dialogo continuo tra tutte le componenti e la governance, che sappia valorizzarne le competenze all’interno di una progettualità comune.
È poi necessario garantire un ambiente di lavoro sereno e strutture funzionali, che permettano di rendere al meglio, e per ottenere questo bisogna intervenire su organizzazione, manutenzioni, servizi e edilizia.
Per quanto riguarda le missioni dell’Università, riteniamo che nei prossimi sei anni la priorità debba essere data alla ricerca, perché sulla ricerca si costruisce la reputazione di un ateneo e dei nostri studenti. Occorre puntare sulla qualità della ricerca, perché questa permette di attrarre finanziamenti tramite i progetti competitivi, i Dipartimenti di Eccellenza, la Vqr. Al termine del Pnrr questi finanziamenti saranno indispensabili per liberare risorse da investire nella didattica e nella terza missione e, quindi, per garantire una crescita complessiva dell’ateneo. La ricerca valorizzata nella didattica aumenta l’attrattività dei nostri corsi di studio sia sul territorio che a livello nazionale e internazionale. Bisogna puntare sulla ricerca perché la ricerca attraverso il trasferimento tecnologico, il trasferimento delle conoscenze e il public engagement permette di incidere sulla crescita sociale, economica e culturale dei nostri territori.
2. Le priorità del suo primo anno: qualche esempio concreto?
MARIA PIERRO: Nel primo anno è essenziale prioritariamente definire e avviare il Piano strategico 2024/30 in stretta connessione con la predisposizione del Bilancio triennale e quinquennale allo scopo di decidere con cognizione gli interventi indifferibili, tra i quali vi è: la presentazione del Masterplan edilizio 2024/2027 per i progetti già in costruzione, quelli in elaborazione e quelli da sviluppare per rispondere alle richieste di studenti, docenti e personale tecnico, amministrativo e bibliotecario; individuare e nominare i delegati e le commissioni essenziali per il buon funzionamento di ateneo; avviare la selezione ad evidenza pubblica per l’individuazione del nuovo direttore generale che abbia acquisito pregressa esperienza nella direzione di atenei e del vice direttore generale che avrà sede a Como; in vista della visita Cev, costruire il gruppo di lavoro funzionale e sinergico ai dipartimenti per la preparazione e gestione della visita; il censimento delle competenze e delle professionalità del personale tecnico e amministrativo per l’allineamento organizzativo e riorganizzativo; nominare una commissione per la riforma dello Statuto di ateneo allo scopo primario, ma non unico, di garantire la rappresentanza in senato di tutti i direttori dei Dipartimenti e dei ricercatori; disciplinare compiutamente il Presidio di qualità e aumentare il peso del voto del personale nelle elezioni.
MAURO FERRARI: La prima priorità è la visita di accreditamento periodico che è prevista per il secondo semestre 2026 e il cui risultato influirà sui futuri finanziamenti ministeriali: più che una priorità è un’urgenza. Nella visita precedente abbiamo ottenuto buoni risultati, ma nel frattempo il sistema di accreditamento è profondamente cambiato e su molti aspetti siamo impreparati. Nella gestione della visita un ruolo fondamentale è giocato dal direttore generale e per questo riteniamo prioritario, in proposito, accelerare la scelta della nuova nomina con una persona che abbia esperienza nel mondo accademico e della ricerca, proprio perché dovrà essere operativo sin dal primo momento.
Prioritario è ragionare sulla valorizzazione del personale tecnico e amministrativo, procedere alla revisione dello Statuto che deve essere adeguato all’attuale sistema universitario e all’attuale struttura dell’ateneo. In particolare, deve essere aumentata la rappresentatività dei direttori di Dipartimento in Senato e di ricercatori e personale tecnico e amministrativo negli Organi.
Infine, una priorità è la Fondazione: il territorio ne conosce l’esistenza in quanto è stata annunciata all’inaugurazione dell’anno accademico e tramite l’attinente sito web. È necessario riprendere il discorso sulla fondazione coinvolgendo tutte le componenti dell’ateneo per comprendere se vi è la volontà di proseguire nell’iniziativa. Io e Michela siamo dell’idea che la fondazione sia un’opportunità a patto che il suo compito principale sia quello di raccogliere fondi per l’Università, che sia in grado di autofinanziarsi e che si doti di un apparato amministrativo indipendente da quello dell’ateneo.
3. Il personale non docente, tecnico e amministrativo: che cosa fare per attrarlo e valorizzarlo?
MARIA PIERRO: Voglio sottolineare che il personale tecnico e amministrativo e bibliotecario è una componente essenziale e imprescindibile della comunità accademica, indispensabile per il buon funzionamento dell’ateneo. Per questo motivo è necessario: favorire migliori condizioni lavorative promuovendo, in base al censimento delle competenze e delle professionalità di ognuno, la eventuale riorganizzazione dell’organigramma sempre nel rispetto e tenendo conto delle esigenze personali e professionali di ogni persona, del desiderio di crescita professionale, sempre condividendo preventivamente le decisioni; nel rispetto delle esigenze di servizio aumentare la flessibilità del lavoro agile, confermato a 2 giorni a settimana, intervenendo sull’attuale regolamento sia relativamente alla flessibilità della reperibilità durante l’orario di lavoro sia togliendo il legame tra assenze per malattia, ferie o permessi e lavoro agile; favorire le progressioni di carriera verticali e orizzontali, la stabilizzazione per il personale a tempo determinato e il reclutamento funzionale alla crescita dell’ateneo; puntare su premialità e potenziamento del welfare; riconoscere economicamente, in ragione delle responsabilità esercitate, le indennità per le posizioni organizzative e le funzioni specialistiche.
MAURO FERRARI: Innanzitutto, è necessario riconoscere il ruolo fondamentale che il personale ha nella comunità accademica. Sarebbe impossibile per noi fare ricerca, didattica e terza missione senza il loro contributo. Considerata la scarsa valorizzazione del personale in termini economici, una governance seria deve sin dal primo momento lavorare ad un piano di progressioni orizzontali e verticali che valorizzi il merito, definisca un piano di formazione che dia chiare prospettive di crescita professionale, lavori ad un piano integrato di welfare.
È, poi, fondamentale garantire un ambiente di lavoro sereno e stimolante e anche in questo caso è determinante la scelta del direttore generale che, come abbiamo scritto nel programma, dovrà essere una figura priva di rapporti pregressi con l’ateneo, capace di gestire il personale sulla base di dialogo e rispetto, che sono valori che noi riteniamo imprescindibili. Rettore e prorettore, in qualità di membri eletti anche dal personale tecnico amministrativo, devono farsi garanti del rispetto di tali valori. Ma c’è un aspetto che io e Michela riteniamo fondamentale: il personale deve essere coinvolto nella progettualità dell’ateneo perché ha competenze che sono essenziali per individuare soluzioni innovative, creative e sostenibili ai problemi che dovremo affrontare.
Dove possibile il personale deve essere coinvolto anche nelle missioni dell’ateneo. Quest’anno il personale è stato coinvolto nelle attività di orientamento nelle scuole, 10 ore in aula con i ragazzi a parlare di come si costruisce un progetto di vita. È un esempio di un’attività che, oltre a offrire un riconoscimento economico, permette al personale di sentirsi parte di un progetto comune e di condividere l’orgoglio di lavorare per il nostro ateneo.
4. Le strutture dell’ateneo: aule studio, mensa e posteggi. Quanto li percepisce come problemi cui dare priorità?
MARIA PIERRO: Aule studio, mense e posteggi sono indubbiamente per noi delle priorità. Importanti sono stati i disagi che la comunità accademica ha avuto nel corso degli ultimi anni e che noi intendiamo affrontare e risolvere. Bisogna dare atto che nell’ultimo sessennio abbiamo dovuto affrontare le difficoltà conseguenti alla pandemia e l’attenzione si è focalizzata sulla necessità di garantire prioritariamente la didattica agli studenti. Per questa ragione gli interventi edilizi, connessi ai bisogni degli studenti e personale, sono stati differiti. Con la ripresa dell’attività in presenza queste criticità si sono manifestate in modo evidente e dobbiamo dare risposte concrete alla comunità accademica, programmando per tutte le sedi di ateneo: interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria anche per rendere agibili spazi attualmente indisponibili e destinarli ad aule studio o riqualificare in modo più funzionale gli attuali spazi e la costruzione di una nuova mensa.
Per la sede di Como: la realizzazione della mensa in via Valleggio e del bar polifunzionale in Sant’Abbondio. Nell’attesa individueremo servizi di ristoro a prezzi convenzionati.
Per la sede di Varese: avviare la costruzione del nuovo fabbricato che ospiterà nuove aule studio, mensa e biblioteche. Consolidare il rapporto con chi gestisce il servizio di ristorazione presso gli spazi della Croce Rossa.
Inoltre su Como in attesa dell’acquisizione di nuovi spazi, intendiamo potenziare i servizi di mobilità sostenibile (car pooling) e siglare convenzioni a prezzi agevolati a favore di studenti e personale con le aziende di servizi di trasporto locale. Su Varese interverremo sull’area antistante l’edificio di Monte Generoso per renderla più efficiente.
MAURO FERRARI: L’Università è un luogo in cui vivere, studiare ma anche in cui crescere e creare legami. Biblioteche, aule studio, spazi conviviali, mense e strutture sportive hanno un ruolo essenziale per costruire una comunità studentesca attiva, per permettere agli studenti di costruire relazioni che li supportino nel loro percorso universitario e che li accompagnino nella loro vita professionale. Sicuramente nel nostro ateneo c’è molto da fare in questa direzione. Il punto di partenza deve essere una valutazione complessiva dello stato di tutte le sedi, la definizione di un programma di manutenzione che renda accogliente l’esistente, e un progetto di sviluppo complessivo che tenga conto delle esigenze reali.
È necessario dialogare con gli enti del territorio per individuare le possibili soluzioni temporanee immediate alla carenza di aule, ma anche per valutare l’acquisizione di nuove strutture ragionando anche sulle aree dismesse.
Anche il problema dei parcheggi è una priorità. È un problema che va affrontato dialogando con gli enti locali, tenendo conto però che in un’ottica di sostenibilità, è necessario incentivare l’utilizzo dei trasporti pubblici, delle biciclette e il car-pooling. È necessario agire per definire convenzioni per i parcheggi, per i trasporti pubblici e per installare le colonnine per ricaricare le biciclette e le auto elettriche.
5. Busto Arsizio, Como e Varese, città universitarie sempre più integrate: è un obiettivo? Se sì, come raggiungerlo?
MARIA PIERRO: Il nostro ateneo presente da 25 anni nel territorio Insubre, a Como, Varese e Busto Arsizio, stenta ad integrarsi. Questo per una serie di fattori. Primo fra tutti non essere stati in grado compiutamente di far comprendere alla collettività il valore aggiunto che un ateneo territoriale può dare in termini di ricerca, conoscenza e opportunità. Dall’altra il territorio non ha compreso che la qualità dei nostri docenti e ricercatori è eccellente e che la preparazione dei nostri studenti è riconosciuta dal mondo del lavoro in termini di occupazione e non solo, come dimostrano i dati di Alma Laurea.
Questo ha impedito l’identificazione delle città con l’Università e dell’Università con le città. Il nostro desiderio è che si possa parlare di Como, Varese e Busto Arsizio come città Universitarie e per farlo è necessario incrementare il dialogo con gli enti territoriali, le associazioni di categoria, le aziende ospedaliere, le realtà museali, enti tutti, che, bisogna dirlo, negli ultimi anni, hanno manifestato un importante interesse per la nostra realtà, affinché il nostro ateneo venga riconosciuto come punto di riferimento delle città. Per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto del territorio, di presentare progetti di valorizzazione della conoscenza che abbiano particolari ricadute culturali sul territorio al fine di creare una sinergia tra ateneo e città dove le esigenze di entrambi vengano soddisfatte. Se questo sarà realizzato si creeranno naturalmente le condizioni per una effettiva integrazione dell’ateneo nel territorio Insubre ed il riconoscimento di un’identità universitaria del territorio.
MAURO FERRARI: Mi piacerebbe poter dire che Busto Arsizio, Como e Varese siano città universitarie ma non è così, per ora sono solo città che ospitano un’università.
Delle tre città è sicuramente Varese quella in cui sono in atto più iniziative che possono portare alla nascita di una città universitaria, ma quello che manca a Varese (come nelle altre sedi) è un vero progetto di sviluppo integrato tra città e università e il riconoscimento dell’Università dell’Insubria come centro di riferimento per lo sviluppo economico, sociale, tecnologico e culturale del territorio. È necessario riattivare immediatamente la Consulta ateneo-territorio che è l’organo previsto dallo Statuto per dialogare con gli enti istituzionali, professionali e associativi del territorio e che negli ultimi 6 anni è stata riunita una sola volta. La Consulta ha un ruolo centrale in quanto è un luogo in cui l’Università raccoglie idee e prospettive di sviluppo dal territorio, ma anche il luogo in cui deve manifestare le proprie necessità e le proprie aspettative. Una città universitaria è una città in cui la presenza dell’Università permea l’aria, in cui tutte le iniziative culturali, che siano organizzate dalla città o dall’università veicolano l’immagine di entrambe in modo chiaro e distintivo. Questo ad oggi manca.
Se poi vogliamo che l’Università contribuisca all’integrazione delle tre città, dobbiamo ragionare noi tutti come un unico ateneo, dobbiamo creare collaborazioni che esportino le iniziative e la visibilità dei singoli Dipartimenti su tutti e tre i territori. Per ottenere questo è indispensabile che la governance incoraggi il dialogo fra i Dipartimenti e incentivi le iniziative interdisciplinari e interdipartimentali.
6. Parliamo dei delegati: che tipo di squadra sta costruendo? Qualche nome in anteprima?
MARIA PIERRO: Il ruolo e l’attività dei delegati sarà fondamentale per la realizzazione del nostro programma. I delegati saranno individuati per gli ambiti strategici prioritari. Saranno definiti gli obiettivi delle azioni oggetto delle deleghe e lo stanziamento delle risorse necessarie per lo sviluppo delle attività di loro competenza. Con i delegati manterremo un confronto costante sullo sviluppo e l’attuazione del programma. Il delegato è espressione delle strategie condivise con la governance e si coordina con le aree ed i servizi amministrativi senza impattare sulle attività di competenza degli uffici.
La squadra dei dieci delegati sarà in tal modo composta: Ricerca e innovazione tecnologica; Didattica, servizi e innovazione; Terza missione e trasferimento tecnologico; Internazionalizzazione; Comunicazione, Orientamento e public engagement; Patrimonio bibliotecario nei beni culturali; Sostenibilità, aree verdi ed efficientamento energetico; Edilizia e appalti; Pianificazione strategica di ateneo; Uguaglianza di genere e pari opportunità.
I rapporti con il personale saranno gestiti da noi direttamente. Per quanto riguarda l’area medica ci relazioneremo con il presidente della Scuola di Medicina, il referente dell’area medica di Como e con un gruppo di lavoro che sarà individuato. Desideriamo che le scelte siano assunte in modo consapevole, informato e condiviso. Non vogliamo precorrere i tempi, se saremo eletti i delegati saranno individuati in base alle loro competenze, attitudini e motivazioni.
MAURO FERRARI: Nel modo di lavorare mio e di Michela la squadra ha un ruolo fondamentale. Le idee, i progetti e le strategie devono nascere da un confronto continuo con le persone che possiedono le competenze. I delegati hanno un ruolo fondamentale.
Noi ci immaginiamo un numero limitato di deleghe, le deleghe classiche, e alcuni delegati di scopo che avranno il compito di affiancare rettore e prorettore nel coordinamento di interventi e di iniziative specifiche.
Ad esempio, potrebbero esserci delegati di scopo per la programmazione triennale e per la visita di accreditamento. I delegati dovranno essere professori con competenze specifiche nell’ambito oggetto della delega e dovranno essere persone che condividano oltre ai nostri obiettivi anche i nostri valori.
Un delegato deve essere capace di instaurare un dialogo costruttivo con tutte le componenti dell’ateneo e deve essere capace di interagire con l’ufficio di supporto. Per noi è fondamentale che tutti i dipartimenti siano coinvolti nelle deleghe perché riteniamo che una governance che abbia a cuore il futuro dell’ateneo debba essere capace di coinvolgere le migliori competenze dell’ateneo indipendentemente da chi avranno votato e dovrà essere capace di coinvolgere tutti i dipartimenti in un progetto comune. Fare i nomi dei delegati a ridosso delle elezioni significa pensare a raccogliere voti invece che pensare al futuro dell’ateneo.
7. Quanto conta la leadership nel suo modello di gestione dell’ateneo?
MARIA PIERRO: Sono consapevole che ricoprire il ruolo di rettrice comporterà l’assunzione di decisioni delle quali mi assumerò ogni responsabilità.
Nella mia esperienza professionale mi sono più volte trovata a prendere decisioni, anche molto difficili. L’ho fatto dopo aver ascoltato le opinioni, a volte anche critiche, di chi mi è vicino: collaboratori diretti, amici, colleghi e studenti. Ma sempre nel rispetto delle regole e nell’interesse delle persone e dell’Istituzione.
Sono determinata, e la mia determinazione non deve essere interpretata come rigidità ma piuttosto come desiderio di raggiungere l’obbiettivo nell’interesse dell’Istituzione che rappresento e delle persone che vi fanno parte. La mia porta sarà sempre aperta.
Io e Umberto saremo sempre disponibili per tutti quelli che desidereranno incontrarci.
La leadership - la capacità di saper guidare una comunità – non è una qualità acquisita ma si conquista giorno per giorno attraverso il consenso di chi te la riconosce. E io credo che il riconoscimento della leadership passi attraverso l’esempio, l’ispirazione, l’ascolto, la condivisione, il riconoscimento del valore degli altri e la fiducia e soprattutto la realizzazione di quanto si è promesso. Il mio compito come rettrice sarà quello di mettermi al servizio del nostro ateneo: ascoltando i bisogni di ognuno, riflettendo sulle possibili soluzioni e assumendo ogni decisione in maniera trasparente e condivisa. E sempre coerentemente con la mia indole mi assumerò la responsabilità anche morale di ogni scelta. Nella mia visione, al fianco di rettrice e prorettore, vi sarà: una squadra di dieci delegati; una squadra di otto direttori di Dipartimento e il presidente della Scuola di Medicina; una squadra amministrativa; una squadra di rappresentanti degli studenti.
Se ritenete che questa visione dell’università basata sulla trasparenza, l’inclusione, e il cambiamento possa coincidere con la vostra, condivideremo i prossimi sei anni insieme.
MAURO FERRARI: L’Università, per la qualità e l’elevato grado di competenze che hanno le persone che la compongono, è un contesto molto particolare in cui calare il concetto di leadership. La leadership si fonda, innanzitutto, sui valori che io e Michela abbiamo enunciato all’inizio del nostro programma e che sono il riassunto del modo in cui abbiamo sempre lavorato in ateneo: trasparenza, condivisione, dialogo, rispetto delle persone e delle istituzioni, spirito di servizio. La leadership si costruisce nel tempo, è il risultato di un percorso basato sul confronto, sull’ascolto, sulla passione, sulla capacità di agire e di affrontare gli ostacoli ma, soprattutto, basato sulla competenza e sulla coerenza.
Un’università moderna e proiettata al futuro ha bisogno di una leadership in grado di guidare la spinta innovativa che arriva dall’ateneo, in grado di prendere decisioni in modo razionale a partire da dati che vanno analizzati e interpretati, condivisi e discussi.
È la comunità a riconoscere la leadership a chi la sta guidando. Un vero leader non dà ordini, ma chiede. Un vero leader non dice io, ma noi. Un vero leader è capace di riconoscere gli errori, è capace di dire grazie.
Voglio citare una frase di John Quincy Adams, 6° presidente degli Stati Uniti, che rappresenta il modo in cui e Michela intendiamo la leadership: “La vera leadership è quella che ispira gli altri a fare di più, a imparare di più, a sognare di più e a diventare di più”.
8. Quale ruolo e quali compiti lei pensa debbano esseri propri del prorettore?
MICHELA PREST: Avete presente un’orchestra filarmonica? In un’orchestra filarmonica ci sono due elementi con ruoli diversi ma entrambi fondamentali: il direttore d’orchestra e il primo violino. Il direttore d’orchestra è la guida, colui che sceglie i brani, ne determina l’interpretazione, porta l’orchestra nel viaggio che ha immaginato. Ma non lo fa da solo: lo fa con il primo violino. Il primo violino è colui che entra quando l’orchestra è seduta, è quello a cui il direttore stringe la mano dopo l’esecuzione, che intona l’orchestra chiedendo il “la” all’oboe. Il primo violino è la “spalla” del direttore, ne condivide la visione, l’interpretazione, il viaggio. Il direttore d’orchestra e il primo violino sono due compagni di viaggio.
Nella visione mia e di Mauro, rettore e prorettore sono il direttore d’orchestra e il primo violino. Il nostro ateneo è un ateneo del territorio, anzi dei territori, Como, Varese, Busto Arsizio. Territori diversi, con prospettive diverse, con un punto in comune: la difficoltà di riconoscere l’Insubria come università del territorio. Il territorio va presidiato e, per farlo, è fondamentale che la governance conosca e sia conosciuta dal territorio.
Il prorettore è la figura di riferimento di Como, un territorio “ricco” dal punto di vista economico, imprenditoriale, culturale ma anche sociale. Compito del prorettore è quello di creare sul territorio una rete di legami con tutti gli attori, che faccia sì che a qualunque tavolo in cui si parli di sviluppo di città, territorio, tessuto sociale comasco, l’università ci sia. Compito del prorettore è fare in modo che il territorio riconosca all’università il ruolo di generatore di cultura. Compito del prorettore è fare in modo di coinvolgere il territorio nelle problematiche logistiche, di spazi e servizi che caratterizzano lo sviluppo dell’università e possono fare la differenza tra il rimanere università del territorio e il diventare polo attrattivo. Rettore e prorettore sono il direttore d’orchestra e il primo violino, due compagni di un viaggio che disegnano insieme e interpretano insieme. Due ruoli diversi, un’unica anima.
UMBERTO PIARULLI: Con Maria Cristina parlo molto ed ho un’ottima intesa. Per questo motivo il mio ruolo sarà quello di affiancarla e sostenerla nell’assunzione delle decisioni e supervisionare e relazionare ogni giorno relativamente a: programma ed interventi nella sede di Como per prevenire e non subire le criticità; essere il garante ed il responsabile dell’alternanza delle sedute di Senato e Consiglio di amministrazione a Como. Sono consapevole che il nostro Statuto prevede il ruolo di rettore vicario di ateneo, che non è quello di rettore di Como, i cui compiti sono: vigilare e coordinare le attività nella sede di Como; sviluppare la sede di Como al pari della sede di Varese; promuovere i rapporti con il territorio in collaborazione con il Rettore. Come prorettore, nel rispetto del nostro Statuto, supporterò la rettrice al fine di garantire l’equilibrio necessario per il perseguimento degli obiettivi programmati per la sede di Como.
Ho intenzione, quindi, di impegnarmi per garantire un continuo dialogo con i direttori dei dipartimenti, i docenti ed il personale che lavorano nella sede di Como. Sarà una mia priorità quella di curare e potenziare i rapporti con tutte le istituzioni e gli enti territoriali (quali Comune, Provincia, Ordini professionali, Camera di Commercio, Confindustria e l’Azienda Sociosanitaria territoriale).
I miei primi obiettivi per la sede di Como saranno: apertura di un bar polifunzionale nel Chiostro di Sant’Abbondio e contestualmente una mensa in via Valleggio; progetto sicurezza, per facilitare il prolungamento dell’orario di apertura per tutte le sedi lariane; consegnare l’aula magna di via Valleggio, che sarà il più grande auditorium di Como, a disposizione della comunità accademica e della cittadinanza entro il 2025; ristrutturazione dell’ala dell’edificio di via Castelnuovo.
9. Uno dei temi forti cui le università sono chiamate a rispondere è quello del calo demografico: a suo giudizio, è un rischio vero per il futuro dell’Insubria?
MICHELA PREST: Oltre 400.000 studenti in meno in Italia da oggi al 2041. Il 16.4% degli studenti sparirà dalle aule delle università lombarde. È un rischio? Guardiamo i dati da un’altra prospettiva: in Italia solo il 26.8% dei 30-34enni è laureato, contro una media europea del 41.6%. C’è un’enorme platea di studenti a cui è possibile pensare, in Italia e fuori Italia. Bisogna: intercettare gli studenti che frequentano scuole che tipicamente non portano all'università e in cui agli studenti viene detto che per loro l'università è off-limits; intercettare gli stranieri di seconda generazione, che rappresentano un bacino di svariate decine di migliaia di studenti di cui solo il 6% arriva in università; rivolgersi alla platea degli studenti stranieri, permettendo ai corsi di laurea di identificare i bacini di riferimento (europeo, extra-europeo) e le caratteristiche degli studenti da attrarre, puntando sia sui corsi di laurea magistrale in lingua inglese che sulle lauree in italiano accedendo al bacino di oltre 16000 studenti che frequentano le scuole italiane all'estero. Per muoversi in questa direzione è necessario potenziare i servizi: creare un servizio di accoglienza, incrementare il numero di posti letto, coinvolgere il territorio nell'accoglienza, lavorare sulla tassazione, insistere sul tutorato e quindi sulla peer education per permettere agli studenti con difficoltà di superare gli ostacoli.
L'essere un'università del territorio e di dimensioni contenute può consentirci un atteggiamento diverso nei confronti del calo demografico, basato su sperimentazioni, capacità di agire in maniera capillare sulle scuole, capacità di abbattere le barriere culturali, capacità di metterci in gioco a 360 gradi. Ma soprattutto lavorare ricordandoci che nessuno studente deve essere lasciato solo. E questo potrebbe fare la differenza.
UMBERTO PIARULLI: Nel 2023 si sono iscritti all’università i nati del 2004. Circa 300.000 immatricolati a fronte di 560.000 nati. Entro poco più di 10 anni con lo stesso tasso di accesso le matricole scenderanno a 200.000. La contrazione sarà, dunque, di circa un terzo rispetto alla situazione attuale. È, dunque, plausibile che anche noi risentiremo di questo fenomeno.
Per arginarlo sarà necessario adottare in modo tempestivo delle precise strategie: puntando sull’identità distintiva dei nostri percorsi formativi sia in termini di contenuti, sia di modalità di apprendimento (learning by doing) sia sul rapporto umano e quotidiano docente-studente; puntando sul reclutamento delle future matricole, attraverso nuove ed innovative strategie adeguate ai linguaggi delle nuove generazioni; puntando su una didattica interattiva coerente con i bisogni reali delle nuove generazioni e del mercato del lavoro anche attraverso la costituzione di nuovi corsi di studio o l’aggiornamento degli esistenti; puntando sulle strategie di gestione degli studenti in difficoltà per prevenire e ridurre il fenomeno dell’abbandono; puntando ad internazionalizzare il nostro ateneo tramite l’incremento di percorsi erogati in lingua inglese, attivando ulteriori lauree a doppio titolo e partecipando al progetto di lauree europea.
10. Quale la risposta dell’Insubria al modello, che i dati indicano come di crescente attrattività, degli atenei telematici?
MICHELA PREST: Tra il 2012 e il 2022 gli studenti iscritti alle università tradizionali sono rimasti praticamente costanti. Quelli iscritti alle università telematiche sono cresciuti del 554% e nel 2022 rappresentavano il 13.15% degli studenti universitari. Inoltre, non più solo studenti già inseriti nel mondo del lavoro ma studenti neodiplomati. Perché?
Perché, se sei uno studente fuorisede, fare l'università costa (in media 1600 euro al mese al Nord se ti sposti in sede e 900 euro se fai il pendolare), perché la pandemia ha sdoganato la didattica a distanza, perché sta passando un'idea di università diversa.
Mauro e io siamo convinti che diversi sono gli elementi su cui lavorare: innovare la didattica. La pandemia ci ha fornito strumenti nuovi e ci ha insegnato che si può e si deve osare per massimizzare l'efficacia del percorso. Sperimentare significa lavorare su metodologie didattiche innovative, sfruttare gli strumenti che abbiamo e magari inventarcene di nuovi.
E innovare significa "prendersi cura" di tutte le categorie particolari di studenti (lavoratori, con famiglia, con difficoltà logistiche) e non solo; potenziare i servizi lavorando sulla tassazione, sui corsi part-time, sulla logistica chiedendo al territorio di fare la sua parte, sul tutorato. Ma, soprattutto, è necessario ricordare ogni volta che ne abbiamo la possibilità, ogni volta che entriamo in una scuola, che l'università non è solo didattica, esami, sviluppo di competenze disciplinari. L'università è il luogo dove si forma il capitale umano. L'università è il luogo dove si comincia a costruire la rete di relazioni per il proprio futuro professionale. L'università è il luogo dove si cresce come individui e come membri della comunità. L'università è il luogo dove, grazie alla ricerca, si apre una finestra sul futuro. L'università va vissuta perché è un'occasione unica.
UMBERTO PIARULLI: Ad oggi in Italia sono 11 gli atenei telematici riconosciuti dal Mur e gli iscritti si sono quintuplicati negli ultimi 10 anni arrivando a 250.000 nell’anno accademico 2022-23. Più 410% di immatricolati.
Le ragioni di questi risultati sono da ascrivere principalmente alla flessibilità nella loro fruizione richiesta in particolare dagli studenti lavoratori.
Per noi la didattica erogata in modalità ordinaria può essere integrata con quella erogata mediante piattaforma digitale, compatibilmente con gli obiettivi formativi dei singoli corsi di studio. Questo potrà consentire agli studenti una migliore fruizione degli insegnamenti ed una maggiore flessibilità nell’apprendimento come già sperimentato con il recente corso di Economia e management dell’innovazione e sostenibilità, che viene erogato per il 75% tramite piattaforma.
Il ricorso alla modalità blended (per cui sarà necessario dedicare una opportuna formazione ai docenti tramite il nostro Teaching Learnig Center) ci consentirà di essere più attraenti e concorrenziali rispetto ad altri atenei tradizionali che già stanno attivando corsi esclusivamente erogati in modalità on line. Non intendiamo snaturare in alcun modo l’identità del nostro ateneo. La nostra forza rimane il rapporto umano tra docenti e studenti ma sarà innovato con il ricorso alla tecnologia.
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LE TRE DOMANDE DEL PUBBLICO ESTRATTE DALL'URNA
1. L’università, come Istituzione, fatica a coniugarsi con l’idea di democrazia. Come pensate di rendere questo difficile legame più robusto, nell’assumere decisioni che riguardano tutta la nostra comunità accademica?
MARIA PIERRO: Le scelte dell’ateneo devono essere condivise dal maggior numero di persone; quindi, deve essere coinvolta la componente docente, il personale tecnico e amministrativo e bibliotecario e gli studenti. Negli Organi apicali dove c’è la rappresentanza di tutte queste componenti, oltre al Rettore e al Rettore Vicario, vi è la garanzia della rappresentatività di queste componenti ma forse sarebbe opportuno estenderla tramite una maggiore consultazione, trovando dei modi di condivisione, di interrelazioni, interlocuzioni. È necessario condividere di più, parlare di più, confrontarsi di più, perché solo in questo modo possiamo assumere decisioni condivise e ripensare il principio di democrazia.
MAURO FERRARI: Nel programma abbiamo sempre parlato di dialogo, che è la base fondante di una democrazia. Noi riteniamo che bisogni dialogare all’interno degli Organi istituzionali. Il Senato deve recuperare il suo ruolo di discussione e deve avere un ruolo nel formulare proposte per la crescita del nostro ateneo. Il Senato deve diventare, tramite i suoi componenti, luogo di dialogo con la comunità accademica. Bisogna dialogare con il Consiglio Generale degli Studenti, con la Rappresentanza Sindacale Unitaria, con gli studenti, con il personale e dobbiamo farlo in modo proattivo, portando poi negli Organi che prendono le decisioni le istanze che arrivano da tutti.
2. Quale strategia intende implementare per lo sviluppo delle integrazioni tra l’area medica accademica e la sanità del territorio?
MARIA PIERRO: L’area medica del nostro ateneo occupa una posizione centrale strategica. Un ateneo si afferma sul territorio se i dipartimenti dell’area medica hanno successo, e noi desideriamo che questo si realizzi anche potenziando e valorizzando potenziando le scuole di specialità. Il nostro ateneo nasce con il polo di Varese ma, lentamente, si sta consolidando anche quello comasco. È necessario valorizzare questi due poli integrandoli tra loro. È necessario tenere rapporti molto stretti con le aziende sanitarie locali e con la Regione per ottenere un maggiore riconoscimento dell’area medica. Noi vorremmo rappresentare l’ateneo nelle sedi opportune affiancati dal Presidente della Scuola di Medicina, dal referente dell’area comasca e da un gruppo di colleghi di area medica che possano dare un fattivo contributo al successo e al maggiore consolidamento sul territorio dell’area medica accademica.
MAURO FERRARI: Bisogna riconoscere che l’area medica nell’ambito del nostro ateneo ha una posizione centrale e importantissima. Un quinto dei nostri studenti è nell’area medica e più di un quarto dei nostri docenti è nell’area medica. L’area medica ha delle caratteristiche particolari, perché deve interagire col sistema assistenziale, con Regione Lombardia e con gli ospedali. L’ateneo deve mettere come rappresentante che dialoga con Regione Lombardia e con gli ospedali, come previsto dallo Statuto, il Presidente della Scuola di Medicina e poi bisogna costruire un tavolo permanente in cui siedano tutti i rappresentanti delle strutture che rappresentano l’area medica e in cui si discutano le strategie per muoversi nei confronti delle Aziende Socio-Sanitarie Territoriali. Perché noi per poter incidere sulle decisioni dobbiamo muoverci in modo compatto e, quindi, queste strategie devono essere concordate: il Presidente della Scuola di Medicina le porterà nelle sedi opportune, affiancato dal Rettore, che sarà garante di quello che viene deciso in quel tavolo permanente di lavoro.
3. Perché dovrei votare voi e non gli altri candidati?
MARIA PIERRO: Perché votarci? Perché potrebbe essere un cambio di prospettiva. Io sono una donna determinata, con Umberto andiamo molto d’accordo e siamo molto complementari. Sarebbe la prima volta che alla guida del nostro ateneo vi sia una giurista, che coniuga le sue capacità e conoscenze e anche la dedizione per questo ateneo. Sono in questa università da trent’anni, dal 1993, in cui feci il primo passo come cultrice della materia. Umberto è uno scienziato che riesce con il suo impegno, la sua ricerca e la sua capacità di analisi a dare il contributo e a rispondere anche alle esigenze di quella parte di accademia che ha una focalizzazione su tematiche scientifiche e sperimentali. E poi perché noi teniamo particolarmente a questo ateneo, ci crediamo veramente tanto, crediamo che questo ateneo possa veramente crescere, fare un passo in avanti, crediamo che possa affermarsi nel territorio e nel panorama non soltanto regionale ma nazionale, dove siamo già riconosciuti e bisogna averne consapevolezza per ridare orgoglio all’appartenenza a questo ateneo. Vogliamo essere orgogliosi di essere insubri.
MAURO FERRARI: La riposta è per la storia che abbiamo in questo ateneo: vent’anni in cui lavoriamo in un certo modo, vent’anni in cui ci siamo messi al servizio della comunità, vent’anni in cui ci comportiamo in modo corretto e coerente. Noi abbiamo parlato di valori, abbiamo dei progetti, degli obiettivi e sta a voi valutare sulla base della conoscenza che avete di noi se siamo, o se non siamo, degni della vostra fiducia.