Verso il Primo Maggio: che cosa abbiamo imparato dallo smart working? Una riflessione di Alfredo Biffi

23 Aprile 2021
Alfredo Biffi

Pubblichiamo una riflessione intitolata «Il lavoro in università dopo il Covid: beyond smart working!» e scritta dal professor Alfredo Biffi* per www.uninsubria.it.

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A più di un anno dall’inizio della attuale pandemia e nella ricorrenza del 1° maggio, qualche riflessione su quanto sta avvenendo nelle attività universitarie e sul lascito che ne deriverà, può essere di interesse e stimolo per la progettazione del lavoro nel prossimo futuro.

Se si osservano i dati disponibili tra la metà del 2020 e l’anno in corso, la stima di lavoratori pubblici e privati coinvolti nel lavoro in remoto oscilla tra il 17% (Assolombarda, https://www.assolombarda.it/centro-studi/smartworking-in-numeri-2021), con picchi fino al 50% e il 34% (Osservatorio Polimi, https://www.osservatori.net/it/ricerche/osservatori-attivi/smart-working) a situazione stabilizzata. Se consideriamo quanto accade negli atenei italiani non si è lontani dal poter indicare in cifre ben superiori ai picchi suddetti la situazione nel lavoro universitario, considerando la tipologia di attività svolta e la lunga chiusura delle attività di didattica in presenza.

È prematuro stabilire se questi numeri si consolideranno o saranno rivisti, ma è certo che il fenomeno lascerà il segno.

Il mondo si sta dividendo tra coloro che auspicano un totale ritorno agli assetti precedenti e coloro che apprezzano la nuova vita “domestica e/o delocalizzata”, tanti che pensano già ad un futuro probabilmente misto. Ma siamo ancora nello stato emozionale tipico del periodo transitorio di un cambiamento, in cui l’irrazionalità del bisogno personale tende a prevalere sulle esigenze di sistema: quando sarà smaltita la sbornia delle alternanze tra aperture parziali e chiusure totali cominceremo a riflettere e a progettare davvero il lavoro del futuro.

Per farlo dovremo considerare che cosa stiamo imparando, cosa convince e cosa meno, e metterlo sulla bilancia per trovare l’equilibrio tra attese individuali e attese istituzionali.

Se simulassimo una discussione tra colleghi, docenti e personale tecnico amministrativo, probabilmente ne uscirebbero queste considerazioni.

  • Stiamo imparando che la pura migrazione delle attività da un luogo ad un altro (telelavoro) crea una serie di problemi da entrambe le parti non sempre di immediata e agevole soluzione: gli ambienti fisici possono non essere adatti; i ritmi di lavoro per alcuni si diluiscono (termine eufemistico per non dire “scompaiono”) mentre per altri raggiungono livelli parossistici; le attrezzature (ops, tecnologie) possono non essere adeguate; la retribuzione ne consegue; il benessere personale va da un estremo all’altro a seconda degli individuali stati e contesti.
  • Stiamo imparando che per fare davvero smart working bisogna rivedere le logiche decisionali ed operative con tutto quello che ne deriva sui sistemi di decisione, controllo, esecuzione, valutazione dei risultati, e tutto questo rimette in discussione le performance della istituzione e il benessere della persona.
  • Accelerando un processo comunque già in atto, sul fronte della didattica stiamo imparando che tanti contenuti possono effettivamente essere appresi online e con un impegno individuale maggiore, mentre l’approfondimento che nasce dalla condivisione delle idee e delle esperienze sul campo e che consolida la conoscenza richiede la necessità della presenza.
  • Accelerando un processo comunque già in atto, sul fronte amministrativo gestionale stiamo imparando che il ritmo dell’apprendimento delle nuove applicazioni tecnologiche per lo svolgimento del lavoro aumenta velocemente e che la resilienza della persona potrebbe raggiungere presto il suo punto estremo.
  • Stiamo imparando che la cosiddetta competenza digitale è qualche cosa che va ben oltre il sapere usare un computer: autonomia decisionale e azione diretta richiedono il sapere scegliere la tecnologia più adatta prima ancora che saperla impiegare operativamente, e questa è una capacità che si apprende solo con la pratica.
  • Stiamo imparando che la relazione fisica (per carità senza contatto) ci manca, semplicemente per il piacere di avere certezza dell’identità dell’altro (che di solito è dentro uno schermo).
  • Si, è vero che viaggiare costa e può essere faticoso, ma stiamo imparando che è anche un modo per distrarsi, conoscere anche nell’incontro casuale, come parte della nostra vita che la può arricchire nelle esperienze che si fanno.
  • Stiamo anche imparando che operare qualche volta da soli pone la sfida della riuscita personale e questo non a tutti è concesso nel sistema della presenza; come al contempo ancora molti non vivono davvero l’esperienza del lavoro in team, capace di fare crescere la persona sia nella relazione sia nella competenza tecnica.

E potremmo continuare su tutta una serie di aspetti che, semplicemente, contribuirebbero a spiegarci come sarà la vera sfida del domani per il nostro lavoro: l’immaginare soluzioni originali che ci permetteranno di essere presenti pur essendo lontani o fisicamente presenti ma in grado di portare risultati lontanissimo. Nella sostanza si prospetta una re-immaginazione della nostra attività, sul piano della didattica, su quello della ricerca, su quello della gestione. Torneremo sicuramente in presenza, anche per continuare ad apprezzare l’essere parte di una comunità viva, ma opereremo anche a distanza perché ciò aiuterà l’efficacia e l’efficienza dell’istituzione e la soddisfazione della persona.

 

*Professore associato di Organizzazione aziendale Università dell’Insubria, Dipartimento di Economia
Affiliate professor Sda Bocconi

 

Ultima modifica: Martedì, 11 Luglio, 2023 - 18:13